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 BREVE STORIA DEL DIAMANTE SINTETICO

Le prime esperienze documentate per riprodurre sinteticamente il diamante risalgono alla fine dell’800, con il chimico inglese James Hannay (1880), e con il francese premio Nobel per la chimica Henri Moissan (1886). Di quest’ultimo, proprio in questo sito, abbiamo avuto modo di parlarne approfonditamente, dato che ha dato il nome alla Moissanite. I due scienziati riuscirono ad ottenere, con metodi diversi, cristalli microscopici di diamante a seguito di lunghi e costosi esperimenti.    

Il forno elettrico ad arco di Henry Moissan

Per tutta la prima metà del ‘900 si continuò la sperimentazione, ma con scarsi risultati.    

 

  • Nel 1955 l’americana General Electric annunciò di aver prodotto diamanti di sintesi: era un ottimo risultato, ma le dimensioni dei cristalli erano minime (pochi millimetri di spessore) e la qualità ancora molto bassa: il loro uso poteva essere unicamente industriale.
     

  • Nel 1963 anche la De Beers annunciò la produzione di diamanti creati in collaborazione con la Société Miniére du Beceka, una società mineraria congolese, ma il costo del grezzo creato in laboratorio era superiore a quello naturale.
     

  • Nel 1971 ancora la General Electric produsse i primi diamanti di colore giallo-marrone raggiungendo la dimensione di circa un carato, mentre la qualità era ancora di tipo industriale.
     

  • Nel 1985 la giapponese Sumimoto riesce a produrre cristalli di qualità superiore, di colore giallo, ma non superiori a 2 carati.
     

  • Nel 1987 ancora la De Beers si cimenta con le grandi dimensioni e produce, a scopo sperimentale, un cristallo di 34 carati, di colore giallo-marrone.

Dobbiamo arrivare fino al 1990 per la realizzazione dei primi grezzi adatti per essere sfaccettati e trasformati in gemme per gioielleria: nei laboratori di Novosibirsk, in  Siberia, gli scienziati russi furono in grado di produrre un cristallo alla volta di caratura ben precisa, con lo stesso processo usato nel resto del mondo ( chiamato metodo BARS), ma utilizzando macchinari differenti.

 

Per tutti gli anni ‘90 anche la De Beers continuò le sperimentazioni nei suoi laboratori in Sud Africa per ottenere gemme incolori, gialle, marroni, nere e azzurre. Si occupò anche della realizzazione di nuove strumentazioni che permettessero una corretta e certa identificazione del diamante sintetico.

All’inizio del 2000 è stato possibile  trovare in commercio diamanti sintetici, per la maggior parte di colore giallo orange fino a poco più di un carato,  prodotti principalmente in Russia e in America con il metodo BARS: molto belli, ma il loro costo era ancora piuttosto elevato, solo il 20%  in meno di quelli naturali.  La stessa cosa si poteva dire dei diamanti sintetici incolori, più difficili da ottenere: il loro costo era solo leggermente inferiore a quello dei naturali e la loro qualità non perfetta.

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Nel 2007 con i diamanti gialli sintetici Malossi fu possibile proporre finalmente dei diamanti sintetici di un colore giallo chiaro – non aranciato -  di ottima qualità, ad un prezzo conveniente rispetto al diamante giallo naturale (vivid intense yellow): tre elementi che continuano a rendere questi diamanti sintetici un prodotto veramente speciale per gli amanti dei diamanti fancy. Ma ancora con un impiego limitato nel campo della gioielleria, quasi elitario.

Poi in pochi anni la produzione è cresciuta esponenzialmente con la comparsa sul mercato di molti produttori che offrono diamante sintetico a prezzi concorrenziali rispetto al naturale.

prodotti con il metodo CVD (Carbon Vapor Deposition) che usa il plasma ad alta temperatura che deposita il diamante su un substrato costituito da semi di diamante.

impianto al plasma diamante sintetico.png

Impianto al plasma per diamanti CVD

Ciò che poteva essere una curiosità gemmologica lontana dalle richieste del mercato, si è trasformata in una realtà presente e difficilmente contenibile, con contorni a volte non sempre chiari.

Ancora una volta la De Beers è scesa in campo, e dal luglio 2018 propone i suoi diamanti sintetici con strategie di marketing decisamente in contrasto con la sua politica di sempre, cancellando con un colpo di spugna la visione struggente e romantica del diamante naturale sostenuta per tanti anni.

diamante_sintetico.jpg

Nel 2021 anche Pandora e Morellato hanno deciso di montare sulla loro gioielleria diamanti sintetici, recusando quelli naturali. La motivazione dichiarata è fondamentalmente etica.

 

Oggi è possibile trovare sul mercato diamanti sintetici incolori di dimensioni da un punto fino a 5 carati a prezzi convenienti, è solo molto difficile districarsi tra le offerte più svariate, alla ricerca di certezza, correttezza e trasparenza.

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